Australia e Giappone ai ferri corti. Motivo del contendere: le balene. Il governo australiano ha infatti attivato un team di ricercatori ed esperti per monitorare il numero di balene presenti in Pacifico e, di conseguenza, raccogliere prove sull’attività di caccia ai cetacei svolta dalle navi nipponiche e definita “a scopi scientifici”.
Sono questi, infatti, i mesi in cui la vita dei grandi cetacei è messa di nuovo in pericolo dalle baleniere. Il programma dell’esecutivo giapponese prevede la cattura di novecento esemplari, tra cui almeno cinquanta megattere, evento unico nella storia.
Secondo quanto riportato da Greenpeace, la nazione asiatica negli ultimi venti anni ha ucciso 7.600 balene. Ancor più sconcertante è il dato di Humane Society International: l’anno scorso sono state giustiziate più di duecento balenottere femmine incinta.
Il governo australiano sembra fortemente intenzionato a porre fine a questa mattanza impiegando, se necessario, unità della Marina Militare e portando la questione davanti alla Corte di Giustizia dell’Aia. Un impegno motivato da ragioni ambientaliste, ma anche economiche. L’attività di whale whatching, infatti, produce nell’isola un giro d’affari annuo di circa 180 milioni d’euro. Un business che non può esser messo in pericolo, così come la vita dei grandi mammiferi marini.
(da solovela.net)