Aggiornamento sull’impresa di Alex Bellini, il rematore solitario che sta attraversando l’Oceano Pacifico a bordo di “Rosa di Atacama II”, una barca a remi. Bellini è al giorno 194 di navigazione, e quasi quotidianamente affida al proprio diario, pubblicato sul suo sito internet, i racconti e le impressioni della sua impresa in pieno svolgimento. Queste le sue parole.
“Rock&roll, ragazzi! Tanti giorni a pensarci, a prepararsi, a studiare e prevedere rotte e derive e quando poi ci si trova in mezzo tutto quel che è stato e che doveva essere è volato via con il vento. Non rimane altro che resistere e cercare di farlo nella maniera migliore. L’altro ieri mattina, motivato da un bel vento, (ma non ancora impossibile) mi sono deciso a recuperare l’ancora e rimettermi in marcia. Sapevo che fino a sera ci sarebbero state condizioni buone per guadagnare ancora qualche miglio verso Sud, ma subito dopo pranzo, il mare, improvvisamente, si è gonfiato a tal punto che ho preferito fermarmi e calare in acqua la solita ancora.
In questi giorni di burrasca intendo non solo resistere agli assalti del vento ruggente, ma, per quanto possibile, sfruttare la situazione a mio vantaggio per farmi regalare qualche decina di miglia. Per fare ciò, nelle ore che hanno preceduto il vento forte, ho fatto alcuni tentativi per trovare il modo di ridurre l’ampiezza dell’ancora (facendole un nodo a metà o usando delle fascette) in modo tale che faccia un pò meno “presa” sull’acqua, mi permetta una discreta deriva ma al tempo stesso mi dia affidabilità e sicurezza. Mi sono comunque accorto che sono ancora un po’ lento rispetto a quanto desiderassi, ma ridurre ancora l’ancora non sarebbe sicuro.
Oggi pomeriggio il mare mi ha addirittura concesso qualche ora di semi tranquillità e le ho subito sfruttate recuperandola (senza è tutta un’altra storia, molto più comoda la vita!), ma stasera, per precauzione, l’ho rimessa in acqua. Non so se sia una tecnica comune adottata da altri ma l’ho messa in acqua alla rovescia. Per farvi capire meglio immaginatevi l’ancora come un grosso ombrello non tenuto per il manico, ma per la punta (chiuso). Spero, in questo modo, di garantirmi un minimo di sicurezza assieme ad una buona velocità. C’è comunque da dire che il peggio sia passato questa notte e non credo che si correranno altri rischi. Ieri il mare era come non l’avevo mai visto. Mi guardavo intorno e non lo riconoscevo. La superficie era quasi ovunque schiumosa e bianca ed il vento ne sollevava piccole gocce che parevano polvere.
Nei brevi istanti in cui mi ritrovavo nell’incavo tra due onde e guardavo la grande massa d’acqua prendere forma, tutto il mondo circostante scompariva e cresceva in me un senso di pesantezza ed oppressione che mai, neppure tra le montagne in mezzo a valli strette e a precipizio, mi era capitato di provare. La notte passata è stata una bella tortura. Per la seconda notte di fila ho dormito poco. Un po’ perchè gli sballottamenti mi facevano andare da un angolo all’altro della cabina (il materasso è scivolosissimo, sembra una pista di pattinaggio!) ed un po’ perchè ero concentrato a farmi l’orecchio su tutti i nuovi rumori della barca. Nodi, cime, moschettoni, sfregando e battendo ovunque emettevano strani stridolii come a farmi intendere lo sforzo che stavano compiendo.
Sapevo di aver fatto un lavoro sicuro, ma l’idea che qualche cosa potesse andare storto e dover rimediare nel cuore della notte non mi lasciava totalmente tranquillo. Comunque, al di là di tutto è stato uno spettacolo immenso. Non saprei da dove cominciare a spiegarvi la sensazione che mi ha provocato tutto questo ribollire. Mi sono al cospetto del mare più grosso ed agitato che abbia mai visto prima eppure, prima della paura, c’era qualche cosa di sconosciuto ed irrazioinale che mi faceva rimanere (imprudentemente) con gli occhi ad ammirare quello spettacolo della natura. Il rumore del vento era elettrizzante.
Era come se parlasse una lingua a me sconosciuta. Credo infatti che fino ad una certa intensità il vento sia vento come tanti altri e il suo rumore lo riconosci, poi, superato un certo limite diventa tutta un’altra cosa… un animale solitario a caccia di cibo. Approfitta di ogni angolo e superficie della barca per trasformarsi in un finissimo fischio che t’arriva dritto alla gola. Appoggio le mani alla parete della tuga e ne sento la sua vibrazione, la sua forza… Non di rado è capitato che un’onda mi passasse sotto e di ricadere, proprio come se mi avessero rubato la “terra” sotto i piedi, con un tonfo secco violento come se sotto non ci fosse più acqua ma legno e sassi. Ieri notte, nel dormiveglia, mi è parso di sentire, tra i boati del mare e i fischi del vento, delle voci urlare il mio nome e non saprei dirvi cosa mi abbia trattenuto da uscire e controllare. è stato un brevissimo attimo di orrore. Poco dopo, quando ancora con l’orecchio teso cercavo di decifrare i vari rumori per convincermi che quelle voci fossero solo frutto della mia immaginazione, mi è spuntato dal nulla un pensiero, accompagnato da un sorriso: ‘Resiste, la mia barca resiste!'”.
L’ultima posizione rilevata per Bellini è 13°10′11.00” S e 135°03′16.00” W. E’ comunque possibile controllare dove si trova la “Rosa di Atacama II” in qualsiasi momento tramite il sito di Alex cliccando QUI.