Nella mattinata del 28 gennaio, nella sede della Provincia di Roma (Sala della Pace), Matteo Miceli e Tullio Picciolini hanno incontrato la stampa per raccontare i giorni trascorsi sul catamarano Biondina Nera a caccia del record di traversata atlantica in doppio da Dakar a Guadalupa. Un’avventura finita con una scuffia e la rottura dell’albero e con i due velisti che si sono ritrovati naufraghi ad oltre 1.100 miglia dalle coste più vicine. Miceli e Picciolini hanno voluto narrare le ore che si sono succedute dal momento in cui è stato lanciato il “mayday” a quando il cargo polacco Delia li ha tratti in salvo in pieno Oceano Atlantico.
Prima della conferenza stampa l’incontro con il presidente della provincia, Nicola Zingaretti, è stato tutt’altro che formale.
“Ho seguito tutte le vicissitudini del naufragio sulla agenzia – ha dichiarato il Presidente Zingaretti dopo aver abbracciato Matteo Miceli – e sono stato veramente in ansia. E ora che ho conosciuto i dettagli so che le mie preoccupazioni non erano esagerate. Nell’emergenza Miceli e Picciolini sono stati estremamente freddi e professionali, così come il loro team a terra e la Guardia Costiera, che, da Roma, ha coordinato i soccorsi internazionali. Sarà anche mancato il record sul versante sportivo, ma sul piano umano e professionale si è vista all’opera una grande squadra vincente”.
In conferenza stampa Matteo Miceli si è detto un pò deluso per il record mancato “perché era alla nostra portata. Non stavamo esagerando, anzi eravamo abbastanza tranquilli. Da un paio di giorni sapevamo di avere un enorme vantaggio sui francesi e anche di avere un meteo difficile ma favorevole, che ci avrebbe portato in costanza di vento fino all’arrivo. Alessandro Pezzoli, il nostro router, ha fatto veramente un ottimo lavoro scovando una finestra meteo perfetta. Il non averla sfruttata fino in fondo è solo colpa nostra”.
Tullio Picciolini pone invece l’accento sulla sicurezza:
”Siamo sempre stati al sicuro sia perché eravamo assolutamente preparati, sia perché a terra avevamo un grande team di uomini sicurezza (Valerio Brinati, Enrico Corsetti, Daniele Pirozzi) ed alla prova dei fatti si è visto. Non abbiamo mai perso il contatto con Roma. Avevamo il localizzatore d’emergenza, il telefono satellitare e il posizionatore satellitare che indicava a terra il nostro punto esatto”.
Il “fattaccio” è avvenuto al sesto giorno di navigazione, quando l’ETA (extimated time of arrival) era fissato alle 03.30 Gmt del 22 gennaio, ben prima degli 11 giorni, 11 ore, 25 minuti e 42 secondi del record francese.
“Erano le 4 del mattino, quindi in piena notte e non si vedeva nulla. Ero io al timone – racconta Tullio Picciolini – e sentivo solo il rumore del vento e delle onde. Matteo dormiva con la testa al riparo della piccola tendina di 70X70 che avevamo salvato dalla prima scuffia. Navigavamo tranquilli ma tutto è cambiato nel giro di un paio di minuti. Il vento è girato ed è arrivata improvvisa una raffica di onde alte 4 metri che hanno investito la barca al traverso. Ho svegliato Matteo per ridurre la velatura ma non abbiamo fatto in tempo. La barca si è rovesciata e si è rotto l’albero. A quel punto Biondina Nera si è capovolta a 180° e non c’è stato più nulla da fare”.
Nonostante tutto Matteo e Tullio hanno provato per tutta la notte a raddrizzare il catamarano per armare un albero di fortuna e salvare la barca. Poi si sono definitivamente arresi verso le 12:00 del mattino successivo ed hanno lanciato il “mayday”.
Il salvataggio da parte del cargo polacco Delia giunto sul posto 4 ore dopo è stata la parte più difficile.
“Nessun velista è preparato a scalare una montagna di ferro di 15 metri con una corda – commenta Miceli – e questa è una lacuna che va colmata. Gli equipaggi delle navi sono addestrati a queste operazioni di salvataggio in mare, mentre questa eventualità, che poi alla luce dei fatti recenti accaduto non solo a noi è la più probabile – non viene presa in considerazione. E’ impressionante salire come un alpinista su una montagna che però è in movimento. Con il rollio della nave causato dalle onde si viene allontanati dalla murata della nave e poi ci si finisce violentemente contro. E questa giostra dura qualche minuto durante il quale prendi davvero tante botte”.
Raccontata l’avventura ora si guarda al futuro che si chiama sempre Oceano. Matteo partirà per il suo giro del mondo in solitario da Roma a Roma nel 2012, ma prima ha in programma un’altra avventura con il suo nuovo Class 40 che ha varato proprio il giorno prima di partire per Dakar. “Insieme a Tullio pensiamo di fare un giro del mondo in doppio, il Global Ocean Race, che partirà da Palma di Maiorca il 25 settembre di quest’anno. 30.000 miglia in 5 tappe passando per Cape Town, Wellington, Punta de l’Este, Charleston prima di rientrare a Palma. Ci saranno tutti i Class 40 migliori e vorremmo esserci”.
Il suo nuovo Este 40, d’altronde, è nato proprio per correre in questa classe. Barca essenziale, nessun fronzolo: una macchina da guerra che deve solo essere messa a punto. Al varo ha avuto una madrina d’eccezione, la presidente dello Yacht Club Favignana Chiara Zarlocco, da anni paladina della grande vela d’altura, caso più unico che raro tra i grandi circoli della vela italiani.
“E’ la vela più bella, quella che fa sognare grandi e piccini – sottolinea Chiara Zarlocco – e contribuisce a far amare la vela anche dal grande pubblico. Durante il giro della Sicilia che organizziamo ogni anno, la Targa Florio del Mare, è uno spettacolo vedere i bambini delle scuole emozionarsi davanti alla barche che arrivano nei porti per i pit-stop. Siamo contenti comunque di questo risultato e continueremo ad incoraggiare la grande altura oceanica perché porta nel mondo l’immagine di un’Italia propositiva, che partecipa alle grandi sfide oceaniche sempre a testa alta. E a volte le vince. Siamo stati i primi promotori di questa sfida e continueremo a lavorare per favorire lo crescita dei futuri grandi skipper oceanici italiani”.
Ufficio Stampa: Mediaspeed s.r.l.