Era davvero urgente la petizione che raggiunse il Parlamento britannico il 25 marzo del 1714: un lungo elenco di capitani di navi, mercanti londinesi e mercanti stavano cominciando a chiedere con crescente urgenza la risoluzione del principale problema della navigazione di allora, quello della longitudine. Le imbarcazioni della prima metà del XVIII secolo non erano infatti in grado di assicurare la loro posizione, né ad est né ad ovest del porto di partenza o di qualsiasi altro riferimento. Questo voleva dire che si era completamente ignari circa la distanza da una terra, con gravi conseguenze, facilmente immaginabili, per le mappature: ma la cartografia e la nautica stavano per diventare finalmente moderne proprio in quegli anni. Il Parlamento stesso, infatti, offrì un premio di diecimila sterline a chiunque avesse scoperto un metodo capace di determinare la longitudine della nave entro un grado, quindicimila nel caso di quaranta primi e ventimila sterline per la metà di un grado.
Un orologio di levatura superiore poteva essere la soluzione ideale, ma anche personaggi eminenti come Isaac Newton furono perplessi. La sfida in questione cominciò da subito a interessare un certo John Harrison, il quale poi le dedicò tutta la vita. Il giovane ventunenne, figlio di un carpentiere, si concentrò proprio sui perfezionamenti degli orologi. Passarono molti anni e nel 1728 riuscì a dimostrare la validità e il funzionamento del proprio cronometro marittimo, realizzato in gran parte in legno.
Ma fu soltanto nel 1735 che venne presentato ufficialmente il cosiddetto “number one”, un mezzo azionato da un pendolo e da alcuni bilancieri contrapposti, in modo da evitare l’influenza del movimento delle onde. Il primo esperimento ebbe luogo nel corso della traversata da Londra a Lisbona, ma c’era ancora qualche imperfezione da limare nelle prestazioni, tanto che furono necessari altri diciassette anni per presentare il modello “number three”. L’avvincente storia della longitudine si conclude col modello “number four”, incredibilmente somigliante ai cronometri di recente utilizzo e di grande successo nella traversata verso le Indie Occidentali a bordo della nave Tartar. Harrison è dunque uno dei pionieri a cui la nautica moderna deve di più.