E’ stata firmata nei giorni scorsi un’intesa tra Ministero dell’Ambiente, operatori del settore nautico e portuale ed Enti di gestione delle aree protette italiane, per un progetto che punta riconvertire gli ‘ecomostri‘ che sorgono sulle coste italiane e che non è possibile abbattere in porti commerciali o turistici o posti barca. Il progetto punta così a diventare una delle soluzioni praticabili al problema annoso delle cementificazione delle coste italiane.
Le relazioni periodiche pubblicate da Goletta Verde mostrano un mare messo a rischio da una cementificazione selvaggia e che non sembra trovare argini, tuttavia la maggiore sensibilità, soprattutto presso il grande pubblico, nei confronti dei temi ambientali e del risparmio energetico sta orientando sia i porti commerciali che quelli turistici verso progetti di riqualificazione ambientale ed ecosostenibilità; in questo quadro si inserisce la riconversione degli edifici dismessi delle aree portuali in porti turistici.
I porti in disuso che possono essere coinvolti nel progetto sono un centinaio: dalla loro riconversione potranno essere creati circa 30.000 nuovi posti barca, senza procedere a ulteriori cementificazioni delle coste.
L’iniziativa ha attratto l’attenzione e il favore di Legambiente, proprio nel suo rappresentare una risposta alla crescente domanda di nuovi posti barca che eviti l’aumento delle cubature a terra, riutilizzando quanto già esiste e non utilizzato, ponendo allo stesso tempo un freno alla costruzione di porti turistici che spesso nascondono speculazioni commerciali. Non secondari, ovviamente, i benefici per l’ambiente: la costruzione di nuovi porti implica l’aumento dei fenomeni di erosione e di snaturazione delle coste con conseguenze sull’ecosistema e sulle economie locali.
L’intesa include tra l’altro un provvedimento specifico per la realizzazione di posti barca collocati a largo, attraverso cavitelli collegati al fondale e la dotazione per le barche di sistemi per la raccolta delle acque di scarico: ciò non costituirà un obbligo; tuttavia va considerato che le acque di scarico e gli olii esausti non sempre possono essere smaltiti in porto.