Aria di crisi per i costruttori italiani specializzati in piccole barche: le dimensioni ridotte delle imprese, per lo più di stampo artigianale, impediscono spesso di competere in modo adeguato sui mercati stranieri e quindi rendono necessario focalizzarsi su un mercato interno in sofferenza, in cui i potenziali clienti, per le difficili condizioni economiche attuali, preferiscono per il momento lasciare nel cassetto il sogno di ‘farsi la barca’.
Le previsioni sono più che mai oscure: si prevede che nel corso del 2011 la perdita si attesterà al 20 per cento circa rispetto all’anno precedente; nonostante questo, i piccoli costruttori delle barche che non necessitano di immatricolazione (trai cinque e i dieci metri) sono comunque presenti all’imminente Salone di Genova.
Ancora di più degli scorsi anni, anzi, quest’occasione è ritenuta focale per il mantenimento dei propri business: essendo spesso impossibilitati a presenziare a saloni esteri, i piccoli produttori nostrani giocano le poche carte ancora in loro possesso sul principale Salone italiano, nella speranza di attirare compratori e rivitalizzare il proprio business.
I fattori di crisi non sono pochi: alla situazione economica generale, che deprime non solo la capacità, ma anche la propensione ai consumi, si aggiungono le difficoltà del post vendita: spesso infatti una volta acquistata una barca, si hanno problemi a collocarla nei porti, che danno la precedenza ai possessori dei natanti di grandi dimensioni; i vincoli demaniali hanno ridotto la possibilità di realizzare posti a secco e infrastrutture (come scivoli), che permettano di mettere l’imbarcazione in acqua senza costi aggiuntivi.
I possessori di piccole barche una volta realizzato il proprio ‘sogno’ si trovano dunque a dover a che fare con una serie di problemi correlati: se il costo di una piccola imbarcazione si aggira attorno ai 15 mila euro e non è quindi eccessivo, i veri problemi sorgono quando si tratta di metterla in acqua, di dove metterla in inverno, di dove rimessarla.