Dati obiettivamente negativi, ma con qualche speranza per il futuro: è questo il quadro del settore nautico disegnato da UCINA in occasione del recente Salone di Genova, che come al solito ha costituito l’occasione per riunire una sorta di ‘stati generali’ dell’industria nautica italiana.
Fatturato in calo del 20,9 per cento, contributo al PIL in diminuzione del 23,4 per cento: questi due dati da soli basterebbero a dare il quadro di una situazione sicuramente non positiva; tuttavia qualche segnale più roseo arriva dalle esportazioni: nel corso del 2010 queste hanno rappresentato il 67 per cento del prodotto complessivo, con un valore di 1,61 miliardi.
Dati peraltro confermati da una recente ricerca condotta da Monte dei Paschi di Siena, che ha analizzato l’andamento de mercato in cinque distretti: Fano, Viareggio, Venezia, La Spezia e Trieste/Gorizia; il rischio insito in questa situazione è però che i costruttori italiani, di fronte al dato oggettivo di dover realizzare barche solo per i mercati esteri, decidano di andarle a produrre in loco.
Negli ultimi tre anni, il settore ha subito una contrazione del fatturato pari al 45,7 per cento; è diminuito del 27,2 per cento quello della cantieristica, mentre mostrano una certa capacità di resistenza gli accessori (-5,8 per cento) e i motori (-5,7) per cento; tra le barche, si conferma ai propri lielli solo il segmento dei megayacht, nel quale l’Italia mantiene la leadership mondiale con 309 ordini du 749 totali.
I vertici di UCINA tuttavia sottolineano che anche in questa situazioni di crisi vi sono elementi positivi: come sempre succede in questi casi, i momenti difficili costituiscono per le imprese occasione per imparare e attrezzarsi per il momento in cui riprenderà la crescita; rispetto ad altri settori dell’economia va inoltre sottolineato come il nautico abbia tenuto bene sotto il profilo dell’occupazione, contenendo la perdita di posti di lavoro nell’11 per cento circa, pari a 90.000 unità.