Seconda Guerra Mondiale: la fine della corazzata Graf Spee

di Redazione 381 views0

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Le date sono rimaste indelebili per tutto il corso della Seconda Guerra Mondiale: è il dicembre del 1939, quando la corazzata tedesca Admiral Graf Spee, la quale sta conducendo il conflitto in questione da oltre due mesi nell’Oceano Indiano e in quello Atlantico, avvista al largo di Rio della Plata gli incrociatori britannici Exeter, Achilles e Ajax. In realtà, l’imbarcazione teutonica è convinta di trovarsi di fronte a un unico avversario, avendo scambiato l’Achilles e l’Ajax per due semplici cacciatorpedinieri, ed è proprio per questo motivo che si decide di aprire il fuoco piuttosto che fuggire a causa dell’inferiorità numerica. Come è scontato che sia, la Graf Spee viene colpita e costretta alla fuga, ma i britannici non si accontentano e cominciano un lungo inseguimento.

Il comandante tedesco Hans Langsdorff commette il secondo grave errore e con la sua corazzata gravemente lesionata, molti danni allo scafo e parecchi feriti a bordo, si rifugia nel porto uruguaiano di Montevideo. Il “soggiorno” deve durare non più di tre giorni, nei quali si ripara la nave e si medicano i feriti. Gli incrociatori di Sua Maestà attendono con ansia il confronto, tanto da essere accompagnati anche da un altro mezzo, il Cumberland. Il 17 dicembre la Graf Spee lascia il porto sudamericano con pochi uomini a bordo e una volta giunta all’estuario si autoaffonda. I marinai e lo stesso Langsdorff ritornano a terra, ma il comandante si toglierà la vita appena tre giorni dopo.

Finisce così l’epopea di questa corazzata “tascabile”: si trattava, insieme alla nave gemella Deutschland, di uno dei gioielli dell’ingegneria navale tedesca, con oltre 12mila tonnellate di stazza, una corazza di dieci centimetri, una velocità massima di ventisei nodi e un’autonomia di ben ventimila chilometri. L’entrata in servizio era avvenuta nel 1936, ma è in quel 1939 che era salita agli onori delle cronache: in appena due mesi aveva affondato 50mila tonnellate di naviglio avversario e neutrale, ma la sorte doveva essere inesorabilmente avversa.

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