Isaac, la tempesta tropicale che si è trasformata in uragano approdando nelle calde acque del Golfo del Messico, punta dritto su New Orleans. E’ ancora vivo il ricordo di Katrina che nell’agosto del 2005 lasciò dietro di se oltre 1800 vittime e 81 miliardi di dollari di danni. Il centro nazionale uragani Usa ha lanciato l’allarme e non ha escluso che la traettoria seguita da Isaac possa essere molto simile a quella di Katrina.
L’America si prepara al peggio mentre l’allarme è già scattato: molte località della costa atlantica sono già state evacuate e il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha fatto appello alle popolazioni di collaborare con le autorità (gravi episodi di sciacallaggio nel 2005 fa pensare che molti non lasceranno le proprie abitazioni pur di difendere la proprietà).
I satai americani minacciati da Isaac sono la Lousiana, l’Alabama e il Mississipi, ma a Haiti ha provocato 19 morti. Si è formato nelle acque calde al largo tra l’isola di Cuba e le Bahamas. Come tutti gli uragani è originata da una tempesta di proporzioni ordinarie (venti a 100 km/h) per “alimentarsi” nella costa e accrescere la sua potenza distruttiva in maniera esponenziale (venti a 250 km/h).
Ma come nasce un uragano? Tutto si genera con una perturbazione in acque calde dove il vapore acqueo sale in alta quota grazie a correnti ascensionali e si condensa in gigantesche nubi mossi da venti rotatori via via sempre più violenti.
E’ il risultato più eclatante del cosiddetto Butterfly Effect, termine coniato dal meteorologo Edward Norton Lorenz e descritto con la frase: il battito d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un uragano in Texas.
Nel 2005 a Bayou La Batre, in Alabama, ben 23 pescherecci furono “gettati” oltre la riva per centinaia di metri, compresa la grossa nave da cargo M/V Caribbean Clipper che fu riportata in mare dopo sei mesi con l’ausilio di una gru.