La morte del campione olimpionico Andrew Simpson durante una sessione di allenamento in vista della prossima America’s Cup 2013 ha scosso il mondo della vela e ha costretto gli organizzatori ad annunciare un retro front riguardo a una competizione che finora ha sempre messo al primo posto lo spettacolo e la velocità ma mai la sicurezza. Sono 37 i punti evidenziati dal direttore di regata Iain Murray, prima che un altra tragedia bagni col sangue la Coppa America di vela.
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In primis i limiti di vento imposti a 20 kts a luglio, 21 nodi ad agosto e 23 a settembre. Molti dispositivi medici e diverse misure di sicurezza sono state implementati negli yacht di regate e nei mezzi di soccorso. I round robin, le regate della Louis Vuitton Cup passano da sette a cinque. Nessun ospite o cameraman a bordo durante le competizioni. E’ quasi certo che gli Ac72 saranno depotenziati per scongiurare il rischio di ribaltamento.
Non è tanto la struttura navale del catamarano ad essere oggetto di polemiche in quella che è diventata una folle corsa alla spettacolarizzazione dell’America’s Cup, quanto l’idea assurda di chi l’ha voluta così. Come assurdo potrà sembrarvi il paragone con l’affondamento del Titanic, ma è la stessa superbia dell’uomo, la spavalderia di spingersi sempre un poi’ più in là , la bramosia della vittoria ad essere stati puniti dal mare. Non una tempesta, non un onda anomala, non un iceberg ma la sconfitta di accartociarsi su se stessa e intrappolare uno dei figli fino a dargli la morte.
Ultima assurda nuova regola dell’America’s Cup: nel caso in cui una barca dovesse capovolgersi la regata si conclude automaticamente a tavolino a favore dell’altra squadra. Insomma, tutto si traduce in un’ammissione di colpa parziale.
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