I cantieri italiani sono preoccupati: i dazi usa potrebbero dare un duro colpo alla produzione di yacht. Il made in Italy famoso e apprezzato in tutto il mondo potrebbe subire dei costi “inaspettati” che le aziende potrebbero gestire con difficoltà.
Nautica Italiana su questo non si nasconde e se pensiamo che le imprese che fanno parte dell’associazione rappresentano in pratica l’80% della produzione va da sé che la situazione è tutt’altro che ignorabile. E proprio per cercare di mettere il punto su una situazione che ben presto potrebbe farsi difficile, il presidente di Nautica Italiana Lamberto Tacoli ha scritto una lettera aperta al premier Giuseppe Conte che ora è divenuta pubblica e dove si legge tra le altre cose:
Mi rivolgo a Lei per condividere un appello a proteggere l’export della nautica italiana, che riguarda centinaia di milioni di euro di imbarcazioni da diporto, componentistica ed accessori, prodotti da aziende italiane e commercializzati negli Usa. Purtroppo le notizie riguardanti l’applicazione di possibili dazi, che in questo momento vedono contrapposte Usa ed Europa, hanno messo in allarme i mercati, le aziende e i distributori, da una sponda all’altra dell’oceano, turbando un delicato equilibrio che si sta ricreando dopo anni di crisi profonda.
Timori giustificati se si pensa che i cantieri italiani esportano il 90% della loro produzione e che “il mercato Usa rappresenta circa il 45% del valore di tale export“. Senza dimenticare poi che il comparto nautico è in grado, indotto compreso, di creare un volume d’affari di circa 4 miliardi di euro dando lavoro a oltre 70 mila persone. Continua Tacoli:
Se i dazi al momento minacciati dovessero effettivamente applicarsi anche nei confronti delle importazioni nautiche dall’Europa, ciò recherebbe un danno incalcolabile non solo all’industria nautica italiana, ma anche alla filiera Usa [dato che] gran parte della rete distributiva commerciale e dei siti dedicati ai servizi e all’assistenza negli Stati Uniti sono gestiti da imprenditori e addetti americani.
Sarà possibile salvare il made in Italy da questa possibile crisi?