Le dichiarazioni di Joyon dopo il record: “Il mare mi ha lasciato passare”

di Redazione 169 views0

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A poche ore dal suo exploit planetario, un Francis Joyon stanco ma sorridente e disteso si presenta alla conferenza stampa conclusiva. Accolto dall’ovazione dei 160 giornalisti presenti, lo skipper di IDEC ha raccontato la sua impresa e ha salutato il suo “superbattello”, ringraziando la squadra e tutto il pubblico presente. Ecco alcuni estratti delle sue dichiarazioni:

Le ultimissime fasi del record
“L’arrivo nella notte è stato abbastanza delicato. Mi sono infatti ritrovato in mezzo a un gran numero di pescherecci e ho dovuto virare due volte per evitare collisioni: dapprima un peschereccio poi un cargo che sarà passato a non più di una dozzina di metri dal mio trimarano. E’ stata una fase difficile. Succede di rado di dover effettuare manovre de genere, specie per due volte nel giro di così poco tempo”.

L’accoglienza e il calore del pubblico a Brest
“Ho come l’impressione di essere arrivato sulla luna! Entrare in porto con davanti a me una tale folla è stata un’esperienza unica, non avevo mai provato nulla di simile. Il calore del pubblico mi ha impressionato…”

Un “riassunto” del percorso ?
“Beh… è stata dura! Ho avuto il privilegio di poter usare un’imbarcazione veloce, che permette di navigare a lungo sulle grandi distanze. Un po’ come un surfista che danza sugli oceani. Attraversare l’Oceano Indiano è stato veloce. Nel Pacifico ho avuto a che fare con situazioni meteo molto complesse, che mi hanno costretto a passare molto a Sud. Addirittura c’è stata una giornata nella quale ho incrociato cinque icebergs, un fatto un po’ inquietante. Mi si è stretto il cuore. Quindi ho doppiato rapidamente Capo Horn e, durante la risalita dell’Atlantico, ho scoperto cosa significa fermarsi. Successivamente ho incontrato molto vento contrario, non molto favorevole ai trimarani. Infine, nonostante i problemi tecnici, sono riuscito a rientrare a concludere. Non è stato sempre facile… Ma sono felice di essere qui, con voi, oggi”.

Il segreto di Joyon?
“Non so se ce n’è uno… Quando si è cosi stanchi si tende a diventare mistici, bisogna fare attenzione!!! A parte gli scherzi, probabilmente ho saputo rispettare gli elementi, con un’imbarcazione non inquinante, alimentata esclusivamente da dispositivi ecologici. Forse ho rispettato il mare, ed è per questo che mi ha lasciato passare…”

Il momento più difficile
“Il momento più duro è stato quando sono salito in testa d’albero per riparare il problema al fissaggio della sartia, specialmente la prima volta su un mare agitato. Venivo sballottato di continuo, non smettevo di picchiare contro l’albero… È stato davvero pericoloso…”

La navigazione di Jean-Yves Bernot
“Jean-Yves ha fatto molte navigazioni in equipaggio. A volte dice: ‘in queste 24 ore dovresti essere 600 miglia più in là’… Diciamo che stabilisce dei limiti un po’ elevati!!! Lui considera sempre il 100% del potenziale… e mi incitava a darci dentro!”

Ellen MacArthur e Thomas Coville
“Grazie a entrambi. Senza Ellen IDEC non sarebbe mai esistito, perché se non mi avesse strappato il record non avrebbe avuto senso intraprendere questo progetto. Grazie a Thomas, invece, siamo stati ‘costretti’ a costruire un battello ancora più veloce e performante. Ha innalzato il livello della sfida”.

L’imbarcazione?
“Sarebbe stato tutto perfetto se non mi fossi fatto tirare le orecchie dai progettisti perché andavo troppo forte e non rispettavo il programma della barca! No, seriamente, Nigel Irens e Benoit Cabaret hanno fatto un lavoro straordinario. IDEC ha una capacità incredibile di passare le onde in maniera armoniosa, mai visto niente di simile… Ed è questo che permette di andar forte. Ma nel complesso è tutta la squadra ad aver compiuto un capolavoro…”

La squadra
“Gli ingegneri, i tecnici, i costruttori dell’imbarcazione, dell’albero, delle vele (che in tutta la traversata non hanno accusato né strappi né lacerazioni)…. tutti hanno dato il massimo. Un’équipe straordinaria, guidata dalla passione e unita da un piacere vero. E’ questo che ha permesso il successo di IDEC e lo ha reso un trimarano fenomenale”.

La fiducia
“Pensavo di avere una possibilità su tre, o una su quattro, di riuscire a battere il record. Il semplice fatto di compiere una traversara del genere su un multiscafo, senza problemi o scali, sarebbe stato un successo, ancora prima del record…”

Il Meteo
“Fino all’Oceano Indiano il vento e il mare sono stati favorevoli, fatte salve le normali difficoltà legate a questo genere di percorsi. Il Pacifico è stato ‘normalmente’ difficile, mentre l’Atlantico è stato decisamente più complicato del solito. Arriva un momento in cui bisogna pagare il conto delle condizioni favorevoli trovate fino a quel punto. E’ stata la risalita dellì’Atlantico più difficile della mia vita.

Mai pensato all’abbandono?
“All’equatore, subito dopo il danno alla sartia. Per un momento ho pensato di far rotta verso l’arcipelago Fernando de Noronhaper effettuare le riparazioni all’albero, ma mi trovavo a 400 miglia… tanto valeva proseguire! Ad ogni modo, nel peggiore dei casi avrei fatto una sosta per le riparazioni e sarei ripartito, non avrei mai e poi mai abbandonato”.

Il bilancio della barca senza carburanti fossili
“Ho avuto delle apparecchiature che consumavano il meno possibile. Una nave è come l’isola, è come il pianeta: bisogna proteggere l’ambiente e, allo stesso tempo, consumare la minor quantità possibile di energie non rinnovabili. Ha funzionato sempre tutto bene, le mie batterie sono rimaste sempre cariche al massimo. Il bilancio è estremamente positivo: 20 kg di elio, 20 kg di pannelli solari 15 litri di metanolo per la batteria a combustibile… il tutto è molto più leggero di un motore e del relativo carburante. E in più c’è la soddisfazione di aver fatto tutto con un buono spirito, cercando di avere il minore impatto possibile sull’ambiente”.

Il futuro
“Probabilmente attaccherò Cadix-San Salvador, dei record nel Pacifico e probabilmente proverò a riprendermi il record sulle 24 ore su Sodeb’O”.

La nave ti mancherà?
“Non starò lontano da IDEC per molto tempo. Ho assemblato io stesso la maggior parte dei pezzi,è una presenza quotidiana… tornerò ad occuparmi di lei dal momento in cui rientrerà a La Trinité”.

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